26/02/2016
 
olio di palma
verità sull'uso dell'olio di palma
 


Olio di palma sì, olio di palma no. C’è chi lo demonizza (sono sempre di più le aziende che vantano in etichetta la sua assenza) e chi sostiene che non bisogna preoccuparsi. Di fronte a questi pareri contrastanti, come bisogna comportarsi?
Dovremmo abolire i prodotti contenenti quest’ingrediente oppure continuare a consumarli? È giunto il momento di fare un’analisi da un punto di vista salutistico.


Cos’è?

È un olio ricavato per spremitura o centrifugazione dai frutti delle palme del genere Elaeis
guineensis
. La particolarità di questo olio risiede nella sua composizione: è particolarmente ricco di acidi grassi saturi, come l’acido palmitico, che fanno sì che abbia caratteristiche simili ai grassi, come il burro, pur essendo un olio.


In quali prodotti possiamo trovarlo?

Nella maggior parte dei prodotti dolciari e negli snack salati. Viene ampiamente utilizzato dall’industria alimentare perché costa poco e rende gli alimenti stabili, resistenti all’ossidazione; inoltre, contribuisce alla consistenza, alla morbidezza e al gusto.


Fa male?

Potrebbe per il suo quantitativo in acidi grassi saturi. In generale, quest’ultimi sono correlati ad un aumento del rischio cardiovascolare e possono influenzare sia il livello di colesterolo totale che quello di LDL, il “colesterolo cattivo”.

Riporto quanto scritto sul sito dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA):“ vi sono buoni motivi per ritenere che maggiori assunzioni di grassi saturi e grassi trans portino ad un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue, il che può contribuire all’insorgenza di cardiopatie.”


È cancerogeno?

Attualmente non ci sono prove scientifiche di un coinvolgimento dell’olio di palma nell’insorgenza di cancro.


Causa il diabete?

Lo studio condotto dall’Università di Bari ha dimostrato che gli acidi grassi aumentano la quantità di una proteina, la “p66shc”, in grado far morire le cellule che producono
insulina. Se queste cellule diminuiscono si riduce la quantità di insulina presente e, per contro, aumenta la glicemia.


«L’acido grasso – spiega il Prof. Giorgino- che maggiormente è in grado di aumentare questa proteina, si chiama acido palmitico o palmitato, che è particolarmente presente
nell’olio di palma. Quindi c’è anche un rapporto con alcune abitudini alimentari che ci fanno capire come l’apporto di grassi debba essere molto attentamente valutato evitando questi olii, e preferendo l’olio di oliva».


Ci tengo a precisare che l’acido palmitico non è contenuto esclusivamente nell’olio di palma ma anche in latte, burro, formaggi e carne grassa.


Dunque, a cosa bisogna prestare attenzione?


Al quantitativo giornaliero. Anche in questo caso è la dose che fa il veleno. L’EFSA raccomanda che l’assunzione di grassi saturi sia la più bassa possibile. Si deve quindi prestare attenzione agli acidi grassi presenti in tutti gli alimenti, non solo all’olio di palma.

Come riportato dalla Fondazione Umberto Veronesi:” Quando si parla di grassi, occorre rivolgere l’attenzione non soltanto ai condimenti, ma anche a limitare quelli presenti naturalmente nei cibi. Insaccati, formaggi, uova contengono quantità piuttosto elevate di grassi che influenzano negativamente il tasso di colesterolo. Attenzione anche al tipo di latte e latticini: è indicato il latte scremato o parzialmente scremato, lo yogurt a bassa percentuale di grassi e fra i formaggi quelli meno grassi, come i fiocchi o i latticini. Da evitare grassi animali quali burro, lardo, strutto, panna, ed oli vegetali saturi: palma e cocco.”


Conclusioni

L’Istituto Superiore di Sanità conclude che non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro. Il minor effetto di altri grassi vegetali, come ad esempio l’olio di girasole, nel modificare l’assetto lipidico plasmatico è dovuto al minor apporto di acidi grassi saturi e al contemporaneo maggior apporto di polinsaturi. Il suo consumo non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari nei soggetti normo-colesterolemici, normopeso, giovani e che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi. Nel contempo, fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi possono presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale. Per tale ragione, nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), occorre ribadire la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi

Non è l’olio di palma in sé a fare male ma il quantitativo di acidi grassi presenti al suo interno che, se sommati a tutti gli altri, può portare ad un aumento del rischio cardiovascolare. 
Sarebbe auspicabile utilizzare solo oli vegetali, come ad esempio l’olio extravergine d’oliva, ma mi rendo conto che non sempre è possibile. Focalizzate, dunque, la vostra
attenzione sulla quantità di grassi saturi assunti giornalmente, indipendentemente dalla fonte, e adottate uno stile di vita sano che comprenda attività fisica ed una dieta bilanciata, ricca di frutta e verdura.


Sul sito di EUFIC (European Food Information Council) potete trovate delle interessanti FAQ sull’olio di palma:
http://www.eufic.org/page/it/page/FAQ/faqid/question-answer-palm-oil/



 
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